Conclusioni

Iniziative perché di Gobatti si ritorni a parlare ancora, serenamente.

Di fronte alla vicenda umana di Stefano Gobatti, un giornalista del Giornale dell’Emilia di allora così scrisse spontaneamente: “E’ morto abbandonato colui che è stato il trionfatore de I Goti, il Cittadino Onorario di Bologna come Verdi e Wagner, il Cavaliere della Corona d’Italia, frequentatore della Casa Reale, l’idolo conteso dei salotti nobili e dell’alta borghesia bolognese…Nessuno ci fa davvero una bella figura in questo assurdo che oscilla fra la burla e la tragedia!”. Un giudizio amaro che ancor oggi commuove e induce a riflessione. Gobatti è stato un artista vero, ma non ebbe la tempra del lottatore. Di fronte al bel mondo del canto si presentò ingenuamente senza armi e si trovò indifeso. Fu una lotta impari e per preservare la purezza della sua ispirazione, non gli rimase altro che operare una scelta radicale: o lottare senza scrupoli usando le stesse armi lecite ed illecite degli avversari, oppure abbandonare il campo, dignitosamente. Gobatti, che aveva le sue radici nel mondo contadino polesano ed era uomo tutto d’un pezzo, che non scende a compromessi, scelse così la seconda via che gli era più congeniale, ma che lo portò all’isolamento e alla solitudine, senza mai perdere, però, la speranza di vedere trionfare l’arte per l’arte.

Il Museo non entra nel merito di una valutazione del valore della musica del nostro compositore, perché non è di sua competenza, ma può entrare nella complessa problematica della vicenda umana di un uomo portato ai vertici della gloria e della celebrità e poi abbandonato e condannato alla solitudine e alla miseria più umiliante. Quella vicenda, al di fuori di ogni pietismo, è toccante e sconvolgente a tal punto che Gobatti è un nome che non è mai stato dimenticato, nonostante il silenzio dei teatri che non ripropongono la sua musica, ma è un nome che ciclicamente ritorna, come un ricordo debole, ma costante, un pensiero irrisolto che tocca le coscienze. Lo testimoniano le Università e certi Conservatori, dove si ricerca una verità sul caso Gobatti al di fuori dei pregiudizi e delle polemiche ottocentesche.

Gobatti stesso, intervistato dal Corriere della Sera, pochi mesi prima della morte, dichiarava con tanta dignità: “Io non domando di essere soccorso, ma desidero solo che la mia musica sia ascoltata e giudicata”.

A centododici anni dalla morte, queste parole e questa richiesta sono ancora di attualità, perché una risposta non è mai stata data ed ora la richiesta è rivolta al nostro presente da parte di un uomo che non chiede pietà e nemmeno favori immeritati, ma semplicemente quello che gli spetta di diritto: essere ascoltato e giudicato senza pregiudizi. Infatti, dopo la giustizia sommaria dei contemporanei, che passarono da un trionfo delirante all’oblio più completo, e quella giustizia altrettanto superficiale e disinformata di qualche studioso di oggi, l’opera ancora aspetta il giudizio della storia. Le vicende biografiche di Gobatti restano in gran parte affidate agli articoli di giornale troppo spesso legati all’evento, alla fazione e ai segreti maneggi degli impresari. Per quanto riguarda poi le esecuzioni musicali, non bastano certo i concerti antologici per conoscere e valutare la musica di Gobatti, L’impegno per il futuro è quello di superare il pregiudizio e poter riproporre sul palcoscenico le opere di Gobatti in maniera attendibile e in opportuna edizione critica.

Si confida che il neonato “Centro Studi Stefano Gobatti” possa contribuire finalmente all’atteso riesame critico dell’opera del maggiore musicista che abbia avuto il Polesine dell’Ottocento.

La critica riconosce che Giuseppe Verdi dominò l’intero secolo XIX° e lo paragona ad un terremotoche ha inabissato tutta la concorrenza imponendo il silenzio a chi ha tentato di emergere. Tanti Gobatti della seconda metà dell’800 attendono di uscire dall’oblio e dal silenzio per un atto di giustizia: hanno avuto successo nei vari teatri d’Italia per breve tempo, ma poi le numerosissime opere di Verdi, autore molto prolifico, non hanno lasciato spazio ad altri compositori che attendono ancora dalla critica una revisione della storia della musica dell’800 per essere riscoperti e collocati nel ruolo che meritano. I teatri devono continuare a presentare sempre i grandi e famosi capolavori della lirica (Traviata, Rigoletto, Aida, ecc.), ma sarebbe opportuno inserire ogni anno in cartellone anche qualche novità, come I Goti di Gobatti, se non altro per una curiosità culturale: c’è tanto in Italia da riscoprire fra tutto ciò che è stato sepolto dal tempo e spesso dalla cattiveria umana.

Questa semplice biografia di Stefano Gobatti si chiude qui senza riferimenti precisi a testimonianze   della critica sulla valutazione estetica della musica di Gobatti, non perché la documentazione si sia perduta, anzi si potrebbero risentire ancora sia le voci autorevoli degli ammiratori di Gobatti e sia quelle dei denigratori sempre meno cauti, i quali, divisi come sempre in due correnti contrapposte e inconciliabili, hanno creato il “caso Gobatti”, qui ampiamente raccontato.

Soltanto l’ascolto diretto della musica di Gobatti potrebbe oggi offrire l’opportunità di esprimere una valutazione aggiornata sull’estetica della musica del tanto discusso compositore. Si suggerisce, pertanto, in attesa di poter un giorno assistere alla rappresentazione di una sua opera, l’ascolto del Compact disc “Stefano Gobatti – Brani da opere e composizioni cameristiche”, realizzato a cura dell’Amministrazione Comunale di Bergantino e pubblicato da “Bongiovanni Editore, Bologna”. Esecutori: orchestra Sinfonica della Radio-televisione Croata di Zagabria, diretta dal M° Stefano Mazzoleni; Corale “G. Verdi” di Ostiglia, diretta dal M° Giuliano Vicenzi; solisti: Daniela Forapani (soprano), Giancarlo Galtieri (tenore), Alex Magri (tenore), Gianfranco Montresor (baritono), Valentino Perera (basso). 

Questo CD, che offre un saggio ad ampio raggio della produzione musicale gobattiana, costituisce un primo indispensabile documento sonoro, che si pone come stimolo per una attuale revisione estetica della musica di Gobatti, il cui “caso” rimane, a tutt’oggi, aperto.