Bergantino – Bologna – Milano – Napoli

L’immagine presenta piccole casette che non esistono più. Sono simboliche di un mondocontadino
fatto di povertà economica e culturale e di cose sempre uguali ed immutabili nel tempo. La casetta più piccola poteva essere un’osteria, vista l’insegna sopra la porta, unico svago concesso ad una società che vivevadi fatiche e di privazioni in un ambiente emarginato, soggetto a disastrose alluvioni e a conseguenti emigrazioni.

Proprio qui, a Bergantino, in questo contesto sociale contadino, nasce Stefano Gobatti il 15 luglio 1852 da Giuseppe Gobatti e Marianna Ghisellini, in una famiglia patriarcale di umili agricoltori proprietari di un modesto podere, che doveva servire al mantenimento di tutta la numerosa famiglia formata da 12 persone (nota 1). Stefano, fin da ragazzino, si sente completamente estraneo alle attività del mondo contadino, ma rivela precocemente grande interesse e naturale predisposizione per la musica, affascinato sempre dal suono del grande organo che in chiesa accompagnava le funzioni religiose. Organista era il giornalista Fermo Bellini (nota 2) di Bergantino, storico di una certa fama, che sarà poi il primo maestro scopritore del talento di Stefano Gobatti.
Dopo la morte del suo maestro, Stefano dovette vestire l’abito clericale e passare un anno nel seminario di Mantova per volontà del padre che voleva farne un prete dall’avvenire sicuro. Il ragazzo che non aveva vocazione, si fece cacciare dal seminario e, deposto l’abito che aveva indossato, riprese lo studio musicale presso il celebre maestro Busi a Bologna, per interessamento dell’amico di famiglia Antonio Cotogni (nota 3). Da Bologna dopo la mancanza del compianto Busi, passò a Milano presso maestro Lauro Rossi (nota 4) che, trasferito a Napoli per la direzione di quell’insigne Regio Conservatorio, portò con sé i suoi tre studenti migliori, fra cui Stefano Gobatti.



famiglia di Fermo Bellini (1870 ca)

Nel Conservatorio di Napoli Stefano Gobatti terminò i suoi studi nel 1872, a vent’anni, conseguendo il diploma che lo abilitava all’insegnamento della musica e alla composizione di opere teatrali. Il M° Lauro Rossi, nel congedare il suo allievo, gli restituì la partitura di un’opera lirica dal titolo I Goti, da luicreata durante i suoi studi semplicemente come esercizio di composizione. Il Maestro consigliava inoltre a Gobatti di proporla a qualche impresario teatrale per farla rappresentare in quanto giudicava l’opera dell’allievo degna degli onori delle scene.
Stefano, assorbito da uno studio matto e disperatissimo, aveva bruciato le tappe della sua formazione artistica per entrare nel nuovo mondo dell’arte verso il quale il giovane maestro aspirava per naturale trasporto, un mondo che doveva essere di grande idealità e di valori eterni. Ma non fu così. Quel tempio dell’arte idealizzato nascondeva in verità tante insidie e inganni e proprio qui il maestrino piomba con l’ingenuità dei vent’anni senza alcuna difesa.
A questo punto, è opportuno dare uno sguardo a ciò che succedeva negli insidiosi teatri dell’Ottocento per meglio comprendere tutte le sorprendenti vicende del giovane compositore.
ancora alle note
Note
1 – La famiglia Gobatti. Dallo stato d’anime del 1852, anno di nascita di Stefano, si ricava la composizione della famiglia Gobatti. Luigi Gobatti, nonno di Stefano, aveva 48 anni ed era sposato con Marianna Natali di 46 anni. Luigi aveva in casa con sé la vecchia madre, Domenica Caberletti di 73 anni, e sei figli: Giuseppe di 27 anni, Giovanni di 25 anni, Lucia di 20 anni, Angela di 15 anni, Maria Rosa di 13 anni e Maria Domenica di 11 anni. I due figli maschi, poi, vivevano in famiglia con le rispettive mogli: Giuseppe aveva sposato Marianno Ghisellini di 26 anni e dalla loro unione era appena nato Stefano; Giovanni aveva sposato Massimiliana Ferri di 25 anni. Complessivamente, insomma, la famiglia Gobatti, nel 1852, era composta da 12 persone. A Giuseppe e Marianna nacquero altri tre figli: Doralice nel 1856, Ernesta nel 1862 e Chiara nel 1868, sorelle di Stefano.
2 – Fermo Sperindio Bellini (Bergantino 1804 – 1865) si formò culturalmente a Ferrara, deve visse per diversi anni. Trasferitosi a Milano, divenne collaboratore di alcune riviste di scienze ed arte. Fu membro dell’Accademia dei Quinti di Roma, dove risiedette per un certo periodo, e dell’Accademia dei Concordi di Rovigo. Trascorse gli ultimi anni della sua vita nel paese natale, Bergantino. Qui mantenne viva la sua attività di collaboratore giornalistico, assieme ad una fitta rete di corrispondenza con illustri personaggi di cultura dell’epoca. Fu uno storico prolifico, come il fratello Giuseppe, abate a Castelmassa. Pubblicò fra le altre ricerche un’opera in tre volumi: Fasti della civiltà, cultura e indipendenza degl’Italiani, e postumi gli studi a carattere locale dal titolo Inedite memorie storiche dei castelli di Melara e Bergantino. E’ figura quanto mai ricca e veramente unica nel panorama culturale della Bergantino ottocentesca. Cfr. Luigi Lugaresi, Giuseppe e Fermo Bellini, intellettuali traspadani dell’Ottocento, Minelliana, 2002.
3 – Antonio Cotogni (Roma 1831 – 1918). Famoso baritono italiano di fama internazionale. Iniziò la sua lunga carriera di cantante nel 1852. Interpretò oltre centocinquanta opere, eccellendo soprattutto in quelle verdiane. Cantò anche nei principali teatri d’Europa e d’America. Nel 1904 ebbe la cattedra di canto nell’Accademia di Santa Cecilia a Roma, dove formò numerosi cantanti. Ogni anno trascorreva periodi di riposo a Bergantino in casa della famiglia Bellini. Fu di grande sostegno a Stefano Gobatti nel periodo della sua formazione.
4 – Lauro Rossi (Macerata 1812 – Cremona 1885) fu direttore di numerose orchestre teatrali in Italia e in America e direttore dei Conservatori di Milano (1850-71) e di Napoli (1871-78). Compose opere comiche, rappresentate in Italia e all’estero (1829-77). Scrisse anche musica sacra, oratoriale, vocale-strumentale e strumentale.
5 – Ferdinando Bellini (Bergantino 1831 – 1879), figlio di Fermo Bellini, fu apprezzato baritono che, a partire dal 1856, ebbe ad esibirsi nei più celebri teatri d’Italia e d’Europa, fino ad approdare, nel 1862, negli Stati Uniti d’America. Concluse la sua carriera nel 1873, nel Teatro Sociale di Mantova, e poi si ritirò a trascorrere gli ultimi anni della sua breve vita nel paese natale di Bergantino.