La quarta opera “Massias”, rimasta inedita: testamento spirituale di Stefano Gobatti.

Di Gobatti poi si tornò a parlare nel 1912. Cosa aveva fatto Gobatti in quel lungo periodo? Aveva lavorato molto: rivisitato i suoi Goti e composto musica, dedicandosi a generi diversi: da quello sacro alle composizioni cameristiche, dal tragico all’idillico, al brillante. Egli poi aveva terminato una nuova opera, Massias, alla quale lavorò per dieci, forse dodici anni, mosso dall’intima esigenza di esprimere il suo mondo interiore attraverso il linguaggio artistico della musica, che gli era congeniale, attratto anche dalla delicata storia del trovatore gallego Massias, vissuto nella seconda metà del 1300. Massias, il protagonista del libretto di Ettore Sanfelice (nota 11), fu un personaggio realmente esistito, un poeta spagnolo della Galizia, detto “Enamorado”, cioè “l’innamorato”. La sua costanza in amore, che lo condusse ad una fine tragica, lo ha reso famoso e celebrato, come modello degli amanti, dei poeti spagnoli, portoghesi e catalani del XVI° e XVII° secolo. 

Trama dell’opera “Massias” 

Massias è un’opera in quattro atti. L’azione si svolge nella città di Cordova nel 1450 circa. Massias, cavaliere e poeta spagnolo, si reca, assieme al suo compagno Nugno, a Cordova, presso la corte del gran Maestro dell’ordine di Santiago, per offrirgli i suoi servigi e ne conquista subito la stima, per il coraggio e la lealtà del suo animo. Nel palazzo, il poeta cavaliere incontra Clara, una damigella della contessa moglie del Gran Maestro, e, colpito dalla sua bellezza e dalla sua grazia, se ne innamora. La dama, però, già promessa a Don Teglio, cavaliere del Gran Maestro, controlla il suo turbamento, esitando a manifestare i suoi sentimenti, ma invia segretamente a Massias una rosa, come messaggio d’amore. Poiché il Re Moro di Granada minaccia le frontiere, il Re Don Enrico affida al Gran Maestro e ai suoi cavalieri la difesa del Regno. Prima di partire per la guerra, il Gran Maestro fa celebrare il matrimonio tra Clara e Don Teglio, e a Massias non rimane altro che cantare in versi il suo dolore ed il suo amore per Clara, che egli continua ad amare con nobile e crescente passione. Il marito, offeso da tanta ostinazione, si lamenta con il Gran Maestro del comportamento di Massias, che offende le virtù della moglie. Il Gran Maestro, dopo ripetuti e vani richiami, fa rinchiudere il poeta cavaliere nella torre, per punire una disubbidienza, ma soprattutto per salvare Massias dall’ira di Don Teglio, ormai accecato dalla gelosia. Nella prigione, l’innamorato trascorre i suoi giorni componendo poesie e cantando versi d’amore per la sua dama che sente ormai lontana. E mentre, sfiduciato, invoca la morte, ecco il custode della prigione introdurre segretamente nella torre una donna velata: è Clara che rivela il suo amore a Massias e, commossa per tanto sacrificio, lo supplica di chiedere perdono a Don Teglio per riavere la libertà e “rigioir del sole”. Poi si sarebbe allontanato dalla corte, sicuro del suo amore nobile e puro. E mentre i due si abbandonano ad un dolce e tenero abbraccio, li sorprende Don Teglio, entrato improvvisamente nella torre con la spada in mano; trafigge alle spalle Massias e fugge stravolto dall’ira, mentre Clara sviene per il dolore e dall’esterno accorre tutta la corte. Massias spira tra le braccia dell’amico Nugno, dichiarando ancora una volta il suo amore imperituro per Clara.

Quei pochi che poterono privatamente ascoltare la musica di Massias, assicuravano che essa era veramente bella e che costituiva, senza dubbio, il testamento spirituale del Maestro. Nel febbraio 1912, dunque, destò una certa sorpresa la proposta del Giornale del Mattino di rappresentare la nuova opera di Gobatti, Massias, al Teatro Comunale, nell’autunno dello stesso anno. L’idea incontrò l’approvazione di molte altre testate giornalistiche, nonché della cittadinanza bolognese. Venne costituito un comitato cittadino con il fine di raccogliere i fondi necessari alla rappresentazione di Massias.

Le attestazioni di stima, anche concrete, continuarono per settimane e ad esse aderirono pure personalità importanti nel panorama musicale del tempo. Ormai era certa la rappresentazione autunnale del Massias e da ogni parte già si esprimeva la speranza e la fede che tale opera avrebbe segnato la resurrezione di un artista verso il quale i suoi contemporanei furono più che severi, spietati. Della nuova opera di Gobatti, invece, ad un certo punto non si parlò più ed essa non conobbe mai il battesimo delle scene. Pare che si fossero già reperiti i fondi necessari alla rappresentazione, già erano stati trovati gli artisti e l’editore Sonzogno era disponibile a stampare lo spartito. Tuttavia – si racconta – quando Gobatti venne a conoscere il nome del direttore d’orchestra, si irrigidì e negò fermamente il suo consenso a far rappresentare l’opera: egli, infatti, ben sapeva quanto giocasse il ruolo del direttore d’orchestra nella buona riuscita o nel fallimento di un’opera. Gobatti, suo malgrado, aveva maturato una lunga e consolidata esperienza a tal proposito e perciò continuava a sperare di poter allacciare rapporti con la Casa Ricordi, a cui propose la sua nuova opera Massias.

Note

11 – Ettore Sanfelice (Viadana 1862 – Reggio Emilia 1923) fu una straordinaria figura di studioso e di letterato. Laureato in giurisprudenza a pieni voti a soli 22 anni, si dedicò subito alla poesia. Fu autore di numerose raccolte personali ed anche ottimo traduttore dei più grandi poeti inglesi, come Shelley e Keats. Tradusse pure alcuni sonetti di Shakespeare. Nel 1894, a Bologna, si laureò in lettere. Svolse attività di insegnamento e diresse alcuni importanti  licei, a Roma, Messina, Catania, Torino, Ravenna e Frosinone. Nel 1902 ebbe un collasso che lo costrinse ad abbandonare l’insegnamento. Da quell’anno fu costretto a peregrinare di ospedale in ospedale. Anche la sua salute mentale cominciò a vacillare e trascorse gli ultimi nove anni di vita nell’Istituto psichiatrico S. Lazzaro di Reggio Emilia, dove morì.